TALEBANI O “AMERIKANI”?

di Pino Tosca

Insomma, per un semplice operazione di quello che eufemisticamente chiamano “sesso orale” abbiamo rischiato, nel giro di qualche mese, la bellezza di due guerre internazionali.

Appena il mastino Kenneth Starr aveva iniziato ad azzannare la preda-Bill, ci si è cominciati a “divertire” con un bel bombardamento su Baghdad, colpendo obbiettivi che di militare non avevano un bel niente. Clinton riagitava lo spauracchio consueto e consunto di Saddam per distogliere gli americani dalle sue non candide mutande. Quando poi Starr ha riazzannato platealmente il sesso insaziabile di Bill, costringendo la Lewinsky a testimoniare su quelle benedette dodici volte, Clinton ha quasi scatenato una nuova guerra mondiale andando a bombardare due Stati islamici come l’Afghanistan ed il Sudan, con la scusa di frenare il terrorismo islamico. In ambedue i casi, se è vero che il ragazzone dell’Arkansas ha fatto ciò che molti altri Presidenti USA in passato avevano fatto –vale a dire inventarsi una guerra per distogliere l’attenzione dei media dai loro problemi- è anche vero che questa volta potrebbe esserci stato uno zampino esterno, mediorientale.

Il Premier libanese Hariri (che di informazioni ne possiede tante, grazie alla sua sudditanza dai potenti Servizi siriani) ha infatti denunciato all’opinione pubblica che dietro il Sexygate si nascondeva un’operazione dei Servizi isareliani. Dal canto suo, Saddam Hussein ha accusato Israele di aver montato da lontano tutte le fila del complotto sessual-giudiziario. Naturalmente, prove di ciò non possono essercene. Sta di fatto, però, che tutti gli attori e le comparse del caso Lewinsky sono ebrei. A cominciare da lei, Monica, per finire a sua madre, Marcia Lewis, al suo secondo padre, al suo avvocato, Gainsbourg. Eppure, si dirà, nessuno più di Clinton, si è circondato di ebrei posti ai massimi vertici della Casa Bianca, dalla Albright a Berger e Coen o di grande popolarità cinematografica, come Spielberg e la Streisand. Ma costoro fanno parte della gran lobby “mondialista” e non di quella “ultrasionista” che fa capo a Netanyahu. Il violento scontro tra il premier israeliano e la Albright, a proposito della continua occupazione dei territori palestinesi da parte dei coloni con la Stella di Davide, ha lasciato il suo segno. E Netanyahu ha lanciato segnali precisi: Israele non tollera che gli USA dettano condizioni in casa propria e non accetta che gli States possano concludere accordi con Stati islamici a lei ostili. E qui sorge il caso, grottesco e paradossale, dell’Afghanistan, in cui si dimostra come l’ipocrisia politica non può aver limiti di pudore, specialmente se è lo Zio Sam a scendere in campo.

Il caso Afghanistan è  un esempio macroscopico di come si possa gestire i peggiori nemici delle libertà concrete e del vero “senso religioso” in nome della Statua della Libertà (che magari stringe con una mano il Corano e con l’altra i petrodollari). Del resto, appartiene ormai al paradosso politico il fatto che, ad eccezione dell’Iran, gli Stati più “integralisti” del mondo islamico stringano alleanze con gli USA: dall’Arabia Saudita al Pakistan, all’Afganistan.

Il compito che i talebani si videro affidare cinque anni fa dal Pakistan (appoggiato anche recentemente dai nord-americani contro l’India), con l’appoggio dell’Arabia Saudita (da sempre fedele suddita della Casa Bianca) e dagli stessi Stati Uniti è stato quasi portato a termine. La terribile guerra antisovietica, iniziata dai fieri guerrieri di Massud tanti anni fa, ha liberato l’Afghanistan dai russi ma lo ha consegnato ad un nemico peggiore: agli Stati Uniti alleati con il delirio dei cosiddetti “studenti coranici”. È il trionfo di un “calvinismo” islamico che coniuga affari e sharia, la religione-legge.

In realtà- come ha ammesso lo stesso Corriere della Sera– eravamo arrivati alla conclusione di una grande partita economica e strategica giocata su due fronti: lo sfruttamento delle vie commerciali che dall’Afghanistan portano all’Asia centrale, e soprattutto l’esportazione di gas e petrolio. Laggiù, infatti, è in atto un processo di colonizzazione economica dell’Afghanistan, contro cui si battono non solo i leaders storici della guerriglia anticomunista, come Massud e Hekmatyar, ma anche Stati come l’Iran, la Russia e l’India (che, certo, non sono “anti-islamici”).

Il progetto amerikano è quello di costruire un oleodotto ed un gasdotto che dai ricchi giacimenti del Turkmenistan, aggirando le pipeline russe, trasporti petrolio e gas attraverso l’Afghanistan fino al Pakistan. Due compagnie petrolifere, l’americana Unocal e la saudita Delta Oil hanno pianificato l’affaire sin dal ’94, all’epoca delle prime sortite dei talebani. Un accordo per la costruzione di un gasdotto di due miliardi di dollari era già stato firmato a ottobre scorso con il Turkmenistan. Tutto, quindi, secondo i piani decisi a Washington nel 1994.

Dall’ambasciata afgana a Roma, tenuta ancora dagli uomini di Massud, Hamidullah Nasser Zia ha spiegato: “I talebani sono ben appoggiati. Nelle loro file operano militari e uomini dell’intelligence pakistana. E in più pagano in dollari. Uno dei nostri comandanti più forti, Sher Ababa, è passato pochi giorni fa, dalla loro parte. Washington all’inizio ha sicuramente aiutato i talebani. Ma non si capisce come potrebbe farlo adesso. Il suo maggior nemico, Omar Bin Laden -sospetto mandante degli attentati contro le ambasciate Usa in Kenya e Tanzania- è protetto da loro a Kandahar, nel centro dell’Afghanistan”.

Non è difficile, a questo punto, pensare che Israele possa aver mandato un messaggio chiaro a Clinton: finiscila con le alleanze islamiche, non occuparti dei palestinesi, altrimenti ti facciamo rotolare giù dal seggiolone della Casa Binaca sventolando tutte le tue mutande sporche.

Anche perché un altro elemento di sospetto, sugli strani attentati antiamericani avvenuti in Africa, è costituito dall’apparizione immediata, sul campo, dei servizi segreti israeliani e di quelli pakistani. L’ipotesi che potrebbe trattarsi di “messaggi trasversali” di “alleati” filo-Usa tra loro in conflitto non è quindi da scartare.

Nel frattempo, mentre noi abbiamo rischiato un conflitto internazionale dalla imprevedibile portata, i grandi artefici della politica mondiale appaiono sconvolti. Bill Clinton non fa altro che piagnucolare le sue scuse puerili davanti alle Tv di mezzo mondo, mentre il suo compare Eltsin dà letteralmente i numeri a causa degli oceani di Vodka ingozzati. Nel frattempo, i gentili talebani, tra le lacrime di coccodrillo della radicale ultra-amerikana Emma Bonino, continuano a lapidare e schiavizzare le donne afgane, in nome di Allah, del Dio Dollaro e delle mutande di Clinton.