di Pino Tosca
Con le sue manovre imprevedibili, Cossiga ha dimostrato di essere l’unico democristiano in grado di voler e saper ricostruire seriamente la Dc o, almeno, quello che alla DC è stato sempre a cuore: l’esercizio del potere e il controllo dello Stato. Un disegno che, dopo Tangentopoli, era parso assolutamente fuori dal mondo, ma che si sta concretizzando giorno per giorno.
Marcello Pera, ex-comunista passato a Forza Italia, in pieno Parlamento ha accusato il “barbaricino” Cossiga del reato di “abigeato parlamentare”, cioè di essere un ladro di pecore-deputati. L’accusa è inconsistente. Quante pecore ha rubato Berlusconi dai pascoli socialisti e comunisti? Dove brucavano l’erba i Ferrara, i Colletti, i Vertone, i Melograni, i Baget-Bozzo ed i Pera? E Fini, con Fiuggi, non ha fatto lo stesso? Nella politica politicante dell’antifascismo, si sa, il più pulito ci ha la rogna. In Italia non c’è nessun partito che possa accampare una virginale integrità politica dei suoi peones. E così gli ex-democristiani son seduti su ogni tipo di seggiola parlamentare, di destra del centro e di sinistra.
Cossiga, che è mezzo matto ma non scemo, ha capito che la “nuova DC” si poteva ricostruire solo approfittando degli errori dei due poli (sarebbe meglio dire polli). Ha fatto credere al centro-destra di voler picconare il centro-sinistra e poi ha picconato tutti e due, buttando a mare Prodi e Berlusconi, uomini verso i quali nutre il disprezzo dell’intellettuale verso i managers. Oggi il suo gioco è scoperto e dichiarato. Una Dc, egli pensa, può rinascere solo se si crea un centro nel mezzo dei poli che, all’occorrenza, prenda a destra e a manca, stando al potere ma tenendo in perenne condizione di ostaggio qualsiasi tipo di governo.
Per far ciò, è indispensabile spaccare l’attuale bipolarismo all’italiana, specialmente arruolando truppe di ogni colore (non diversamente da ciò che hanno fatto, a suo tempo, AN, Forza Italia o il Pds). Sapete, ad esempio, chi è il suo inseparabile consigliori? Pippo Marra, quello delle edizioni Piemme, ex-missino e segretario di Arturo Michelini. E insieme a lui, nell’UDR, ci sono altri vecchi missini come Misserville ed ex-alleanzini come Valentino Martelli, vale a dire un esercito di delusi dallo strampalato modo di fare “opposizione” del Polo. Del resto, non era stata la destra ad inneggiare al Picconatore in odore di loggia qualche anno fa? È vero che, all’interno dell’Udr, l’apparato è nelle mani untuose di Clemente Mastella e dei suoi beneventani, ma se il Polo continua in una politica di incredibile mancanza di coraggio, per non dire di altro, la truppa degli “straccioni di Valmy” potrebbe arricchirsi di molto altro materiale umano.
Comunque, è chiaro: Cossiga, non va per il sottile. Oggi impone a D’Alema scelte da far vomitare di sdegno i giustizieri Caselli e Borrelli. Emblematica è la nomina del cossighiano Cardinale a Ministro delle Poste e Comunicazioni. Cardinale è stato infatti per lunghi anni il fiduciario e protetto di Calogero Mannino in Sicilia. Mentre costui, dopo aver perso trenta chili in carcere sotto l’accusa di mafiosità, si è ritirato in buon ordine a studiarsi le carte processuali che lo riguardano, il suo segretario è diventato Ministro sotto il Governo D’Alema. Il segnale è chiaro: solo io, per ciò che sono e soprattutto per ciò che so, sono in grado di tutelarvi. Il leader Massimo, dimostrando una spregiudicatezza necessitata dalla presenza incalzante del barbaricino, sarà sempre più costretto a chinare il capo ai diktat del sardo. La nuova posizione di Berlinguer a favore del finanziamento delle scuole cattoliche, che ha lasciato a bocca aperta i laicisti di ogni colore (inclusi quelli di Forza Italia), ne è una prova eclatante.
La caduta delle “barriere ideologiche” che ancora persistevano fortunatamente nella Prima Repubblica, anziché eliminare dalla scena politica il residuale potere dc, lo ha rafforzato, al punto che la Chiesa cattolica potrebbe ottenere oggi da un Governo presieduto da un post-comunista ciò che non ha ottenuto in cinquant’anni di governi Dc. Quando Cossiga ha invitato “un certo numero di zucchette rosse e viola” a tacere, dal momento che erano stati loro, i vescovi, a mandare al potere il centro-sinistra, preferendo “il pasticcio ulivista e cattocomunista alla collaborazione chiara tra i cattolici democratici e la sinistra”, dimostra di conoscere bene i suoi polli. Il messaggio è chiaro: fessi, io vi sto dando ciò che Prodi non vi ha dato. Infatti, nel linguaggio post-doroteo, “collaborazione” significa condizionamento basati sull’identità e i rapporti di forza, proprio le due cose che mancavano a Prodi, un provolone pronto ad essere addentato alla prima occasione. Dovrebbe pur dire qualcosa il fatto che un partito personalizzato e dalla vita neonatale come l’UDR, sia già al Governo, diventando l’ago della bilancia di tutte le decisioni che riguardano l’Italia.
Essendo un partito democristiano allo stato puro, l’UDR abbina una teoria precisa (quella del “cattolicesimo liberale”) ad una prassi consolidata (quella, per cui, per contare bisogna stare al potere). Anche Berlusconi si rifà al “cattolicesimo liberale”, ma l’uomo di Arcore non sa di cosa parla, sprovvisto com’è di qualsiasi cultura politica che non sia quella del partito-azienda. Quella di Forza Italia è solo una “prassi” sgangherata e del vivere alla giornata, alle cui spalle non vi sono radici culturali. Francesco Cossiga, e qui è il pericolo, invece, ha ben chiare le sue origini culturali e, del resto, le proclama apertamente. E sono, esattamente, quelle della vecchia DC, vale a dire una teologia politica di stampo ereticale.
Intervistato dal Corriere della Sera, non ha avuto remore a elencare puntigliosamente tutti i padri pellegrini che stanno alla base della cultura udierrina. Dopo aver sbeffeggiato alcuni vescovi (“Non credo, comunque, che vogliono tornare a Gregorio XVI, al Sillabo di Pio IX, al non expedit di Leone XIII, al cardinal Gasparri che costrinse all’esilio Luigi Sturzo”), rivelando le sue inclinazioni modernistiche, proclama: “Invocherei lord Acton, il grande cattolico liberale inglese, Padre Lacordaire e il suo ‘muoio da cattolico penitente e da liberale impenitente’”.
Se ce ne fosse ancora bisogno, questa citazione è illuminante sia della carica eversiva, sul piano teologico, della cultura cossighiana sia della personalità imprevedibilmente contorta del personaggio. Forte della sua superiore preparazione culturale rispetto alle pecorecce truppe mastellate che lo circondano, nella linearità di pensiero ed, infatti, annette tra i capostipiti culturali dell’UDR “Federico Ozanam, l’uomo delle barricate contro la monarchia di luglio, Cavour, Manzoni, Rosmini, Gioberti, Cesare Balbo, Murri, Gallarati Scotti, Sturzo, De Gasperi, Moro”. Alla galleria dei quadri di famiglia non manca nessuno, anche se il ritratto di un massone satanista come Cavour pare proprio non “azzeccarci” tra quelli dei “cattolici liberali”. Sta di fatto che l’ex Presidente della Repubblica ha citato tutti i padri nobili dell’eresia democristiana., che ha origine in Francia, dall’errore pastorale di Leone XIII nell’approvare la costituzione di una forza politica democratico-cristiana (e, dopo, con il Ralliement di Piou, “liberale-cristiana”), evento che fece tripudiare di gioia il laicista Zola per il quale “ormai la religione è scaduta al ruolo di arma elettorale maneggiata da intriganti e stupidi”. Ancora più interessante è il riferimento a Murri, vero fondatore della DC italiana, prete modernista e deputato radicale, morto scomunicato.
E c’è un altro passaggio del discorso di Cossiga che merita attenzione, là dove egli afferma senza infingimenti. “Dico sì a D’Alema… anche per coerenza con me stesso. Per restituire la politica alla politica, consegnare la teologia, l’etica e la filosofia al campo loro proprio”. Infatti, non bisogna dimenticare che Cossiga, oltre ad essere imparentato coi Berlinguer, è stato sempre uomo della sinistra Dc. Al tempo del caso Moro, lui era il Ministro degli Interni del governo di unità nazionale con il Pci, col quale concordò sulla cosiddetta “partito della fermezza”, che certo non servì ad allungare la vita all’ostaggio delle Br. La seconda parte della sua affermazione, poi, è nient’altro che la riproposizione dell’eresia intimista che la scinde la fede dalla “politica”, cioè dalla gestione dell’ordine sociale, una tesi condannata espressamente nel Quanta Cura di Pio IX.
L’incognita del Picconatore è un serio problema. Di fronte ad un centro-destra claudicante si erge, quindi, un nemico bizzarro sì, ma spregiudicato e colto, deciso a prenderne il posto nel rapporto dialettico con la sinistra. Di fronte a D’Alema si pone un partner inaffidabile e incontrollabile che, potrebbe, alla prima occasione, metterlo in serie difficoltà con la stessa base del Pds. Per ambedue gli schieramenti, il pericolo non è certo da sottovalutare. Specialmente, quando si pensi che Cossiga ha confessato: “Sembro un marxista, ma sono un liberale”. Due pericoli in uno.